Ecovocality esplora l’intersezione tra pensiero ecologico ed educazione vocale, offrendo prospettive sulla natura relazionale della vocalità e dell’apprendimento. Questo lavoro di ricerca e pratica si pone domande quali: cosa significa aggiungere il prefisso ‘eco’ alla vocalità? Come possiamo coltivare una relazione con la voce che riconosca la sua materialità? Come sviluppare ambienti di apprendimento vocale accessibili, trasformativi, sostenibili?

Un ambiente accogliente in legno con numerose piante presso lo spazio Solatorium di Varsavia, caratterizzato da pareti in legno, ampie finestre e un'atmosfera calda e naturale.

Spazio Solatorium di Varsavia. L’ambiente che ha ospitato parte del workshop pilota.

Le forme vocali in un paradigma ecosomatico

La relazione tra educazione somatica e studi vocali è una relazione intima, complessa e fertile. Stiamo tuttavia appena iniziando a comprendere cosa significhi approcciare l’educazione e la ricerca vocale non solo attraverso il supporto di approcci o strumenti psicofisici, ma all’interno di un quadro complessivamente psicofisico.

Questa direzione di ricerca rappresenta, a livello internazionale, un nuovo capitolo degli studi sulla voce, e promette di segnare il prossimo decennio di ricerca. Il Centro di Ricerca Interdisciplinare sulla Voce si impegna fin dai suoi esordi a esplorare questo campo di ricerca.

Un approccio ecologico all’educazione vocale estende il suo campo d’azione oltre i singoli corpi e le singole voci per includere i loro contesti ambientali e le loro relazioni ecosistemiche. In questa prospettiva, la voce emerge come fenomeno dinamico e relazionale, plasmato dall’interazione continua tra sistemi fisiologici, traiettorie di sviluppo e contesti bioculturali.

Se consideriamo in tal senso le strutture anatomiche coinvolte nella fonazione, le loro funzioni e il loro vissuto, scopriamo un’interdipendenza. La morfologia vocale non è una proprietà statica dell’organismo, ma il risultato di pattern dinamici, modellati dalle relazioni tra l’individuo e l’ambiente nel corso della vita. Le forme vocali sorgono attraverso interazioni sonore, incarnando relazioni trasformative tra gli organi vocali, le richieste dell’ambiente e i contesti in cui e con cui la voce risuona.

Assumere una posizione ecologica significa pertanto riconoscere come le strutture anatomiche e le forme che esse generano si costituiscono a vicenda in relazione dinamica ai loro ambienti. La voce umana non è né puramente biologica né puramente culturale, ma un’espressione incarnata di corrispondenze con il mondo.

Una visione dall'alto di fogli di carta, post-it colorati e disegni concettuali disposti su una coperta imbottita, mentre una persona prende appunti, documentando il processo creativo di mappatura concettuale.

Francesco Venturi facilita un momento di mappatura concettuale collaborativa.

Temi trattati durante il laboratorio pilota

Il workshop Ecovocality, organizzato da Associazione Mirmica (Milano) in collaborazione con Fundacja Nurt (Varsavia) e CRIV, co-finanziato dall’Unione Europea e facilitato da Francesco Venturi in collaborazione con Nieszka Bogusławska, si è svolto a Varsavia dal 23 al 27 febbraio 2025. L’evento ha rappresentato una prima esplorazione collettiva del concetto di ecovocalità attraverso pratiche e dialogo.

Quanto segue include citazioni dirette dai feedback dei partecipanti ai laboratori.

Connessioni fondamentali: ecologia e inclusione

Il workshop ha esplorato il legame profondo tra pensiero ecologico e apprendimento inclusivo. In questo contesto, l’ecologia non si riferisce semplicemente a un concetto antropico di “natura”, ma indica l’intreccio di relazioni che ci definiscono come esseri viventi.

Il prefisso “eco” sottolinea il nostro essere parte di un sistema ampio, caratterizzato da scambi continui e costitutivi. L’accento non è posto sul “ritorno alla natura” in senso romantico, ma sul conoscere, coltivare e dare prorità alle relazioni che ci definiscono.

I cannot separate ecology from inclusion

Questa prospettiva mette in discussione le pratiche tradizionali di educazione vocale, che storicamente hanno privilegiato determinati corpi, voci e tradizioni, creando ancora oggi ambienti esclusivi e inaccessibili, nonchè un immagine dell’educazione vocale stessa come qualcosa di elitario. L’educazione vocale classica, con il suo focus su standards estetici e presupposti normativi sulla funzionalità vocale, ha teso a marginalizzare diverse corporalità e modalità di agire vocalmente nel mondo.

Se siamo tutti parte di un sistema interconnesso, un approccio educativo che esclude alcuni soggetti risulta intrinsecamente inadeguato e incompleto. L’educazione vocale inclusiva si manifesta quindi come pratica dinamica e processo in divenire, piuttosto che come uno stato normativo da raggiungere. Essa richiede che chi progetta e facilita l’apprendimento vocale sviluppi la capacità di rispondere e adattarsi a quanto emerge dal gruppo.

Infine, il quadro psicofisico e la prospettiva ecologica specificano meglio qual’è la materia di studio: esistono aspetti della voce che sono universali, ma il vissuto di questi processi è sempre individuale e contestuale. È proprio questa tensione tra universalità e specificità a costituire il nucleo della relazione tra educazione somatica ed ecologia vocale.

Non possiamo accedere ai principi della fonazione senza passare per l’esperienza soggettiva e per le relazioni ecologiche che la plasmano, né possiamo comprendere l’unicità di una voce senza riconoscere i processi condivisi che la generano.

Un’educazione inclusiva valorizza tale interdipendenza, lavorando alla creazione di ambienti di apprendimento dove il micro e il macro possano chiarirsi a vicenda.

Comunicazione sensoriale

Nei contesti educativi, la comunicazione segue un modello ritmico di espressione e ricezione. Durante il workshop, è emerso come la questione della voce sia particolarmente efficace a mettere a fuoco questa dinamica, in quanto intreccia l’individuale con il collettivo attraverso l’ascolto e l’espressione, creando quello scambio che costiuisce l’ambiente d’apprendimento stesso.

I partecipanti hanno riconosciuto come il dialogo tra microcosmo personale e macrocosmo ambientale sia intrinsecamente vocale. La voce diventa pertanto uno strumento concettuale per affrontare la questione del design di ambienti d’apprendimento.

Motor out so you can sensor in

Questa dinamica rispecchia il funzionamento del sistema nervoso, nei ritmi che alternano percezione sensoriale e risposta motoria. Il movimento crea le condizioni per la propriocezione e questa informa a sua volta l’espressione. Il workshop ha messo in luce l’importanza della gestione del ritmo tra input e output. Tale alternanza tra ricettività e espressività non è metaforico, ma riflette i processi neuromotori che sostengono lo sviluppo e l’apprendimento, al di là del contesto educativo.

Sensor in so you can motor out

Ecovocality radica concetti e immagini nell’esperienza corporea. Ad esempio, i partecipanti hanno esplorato come il respiro di per sé possa essere silenzioso, ma sia la scelta consapevole dell’individuo a determinarlo, distinguendo così tra: processi automatici e volontari; tra processo fisiologico ed espressione pubblica dello stesso; tra le sensazioni connesse alla bioacustica e quelle connesse ai meccanismi che la sostengono.

Un piccolo gruppo di partecipanti in un'attività all'aperto, vestiti con giacche colorate, impegnati in un esercizio giocoso.

Partecipanti del workshop Ecovocality a Varsavia. La ricerca prevedeva un’esplorazione delle corrispondenze tra paesaggi esteriori e interiori.

Processi di apprendimento: dall’individuale al collettivo

Il workshop ha proposto un modello bottom-up in cui l’apprendimento inizia con l’esperienza corporea, si sviluppa attraverso processi formativi e culmina nella critica educativa. È emerso un approccio equilibrato che mira sia a cambiare la realtà sia a creare risorse per affrontare la realtà esistente.

Embodiment, morphology, and education are three interconnected levels

L’obiettivo non è fuggire dalla realtà, ma creare connessioni. Non si tratta di entrare in una realtà alternativa, ma di costruire ponti tra diverse dimensioni dell’esperienza. Per comprendere le dinamiche di gruppo, è importante prestare attenzione all’equilibrio tra chi dà l’input e chi segue.

Balance is not strict and equal

Le dinamiche sane implicano una distribuzione fluida e flessibile dei ruoli, piuttosto che una rigida suddivisione.

Forme di insegnamento: struttura e spontaneità

La facilitazione richiede presenza e pazienza, dando ai processi il tempo necessario per svilupparsi. Implica l’ascolto attento del gruppo e la capacità di rispondere in modo improvvisato, bilanciando struttura e spontaneità. Il workshop ha evidenziato il valore sia dell’apprendimento strutturato che dell’esplorazione giocosa, riconoscendo l’importanza della conoscenza, del gioco e di tutte le sfumature intermedie.

Being there for the time the group needs

Le qualità ludiche creano spazio per l’integrazione e l’inclusione, che richiedono curiosità e coraggio. Includere qualcuno o qualcosa richiede uno spostamento e un coraggio interiore per sentire in modo diverso e incontrare ciò che è al di fuori del proprio sistema di riferimento.

It takes curiosity to be inclusive

Design dell’ambiente di apprendimento: regolazione e sicurezza

Il workshop ha esplorato come gli ambienti di apprendimento influenzino il sistema nervoso. Creare condizioni in cui la mente analitica possa rilassarsi favorisce la regolazione emotiva.

Allowing the frontal cortex to let go

L’alternanza ritmica tra ricezione e azione crea modelli regolatori benefici per il sistema nervoso. Il workshop ha enfatizzato l’importanza della partecipazione attiva, coinvolgendo le persone nel lavoro con i suoni e aiutandole ad accedere a questa dimensione, piuttosto che limitarsi all’ascolto passivo.

Include people in the work with sounds, help them access that dimension, more than just listen

Il workshop ha esplorato il concetto di ambiente di apprendimento come spazio di transizione, un’area intermedia sicura dove il gioco e l’esplorazione possono avvenire. L’ambiguità temporanea può favorire la collaborazione mentre le persone lavorano insieme per creare significato.

The fact that something is not clear can help finding connection in a relational perspective

La creazione di significato avviene indipendentemente dalla presenza di input esterni espliciti.

making sense of the meaning of something will take place no matter if it was made explicit

Tre partecipanti praticano un esercizio di propriocezione e equilibrio in un parco, ciascuno bilanciandosi orizzontalmente su un sostegno cilindrico con le braccia aperte, in un prato con alcuni tepee colorati sullo sfondo.

Pole Mokotowskie, Varsavia. Francesco Venturi e due partecipanti al workshop pilota durante un momento di pausa.

Sviluppo del progetto

Il progetto Ecovocality si sviluppa attraverso l’iniziazione e la facilitazione di focus group. Questi possono includere sia esperti che amatori dentro e fuori dal campo della ricerca-educazione, di tutte le età, abilità e origini, che hanno un interesse per la voce, la cultura del corpomente e gli studi sulla sostenibilità applicati alla progettazione dell’apprendimento.

Attraverso una combinazione di pratiche, dialogo semi-strutturato, elaborazione creativa e ricostruzione critica, il progetto mira a creare spazi per un’indagine di gruppo sull’embodiment della voce. Gli output e i risultati includono pratiche, materiali didattici, testi, documentazione audiovisiva e un portfolio di “score”. La natura e la portata di questi materiali sono suscettibili di cambiamento, definizione e riconfigurazione continua.

Edizioni

  • Fondazione Nurt di Varsavia, Polonia (pilota) - Febbraio 2025
  • Waking Life Festival, Apuro, Portogallo - Giugno 2025
  • Associazione Mirmica, Milan, Italia - Giugno 2025

Domande aperte

Il progetto Ecovocality continua a esplorare domande fondamentali:

  • Cosa succede se aggiungiamo il prefisso ‘eco’ alla vocalità umana? Era sempre implicito, o introduce un paradosso, dato che la voce ha un tratto umano così irriducibile? Il pianto di un bambino è più ecovocale del discorso di un adulto? E siamo autorizzati a parlare di ‘eco’ con qualcosa di così unicamente umanizzante come il ‘vocale’?
  • È grazie alla forza speciale dell’esperienza estetica di riportare un essere umano alla sua intelligenza incarnata e intersensoriale che possiamo considerare la vocalizzazione come un’attività ecocentrica? O è perché il suono è intrinsecamente ecologico?
  • Come non considerare l’impatto sull’ambiente delle industrie che organizzano concerti e portano le persone in tutto il pianeta in aereo per permettere a un pubblico di consumare quelle voci uniche?
  • L’ecologia è qualcosa che l’approccio somatico porta all’educazione vocale? Parlare di voce e somatica significa parlare di ecovocalità? O è una costruzione metamoderna?

Chi siamo

Questo progetto di ricerca è a cura di Francesco Venturi. Il progetto pilota è nato dalla collaborazione tra l’Associazione Mirmica di Milano e la Fondazione Nurt di Varsavia, grazie al co-finanziamento dell’Unione Europea nell’ambito del progetto Erasmus+ Nurturing e il contributo del CRIV.